Due Spade
Per via della sua importanza e della sua peculiarità che la rende unica, non sorprende che anche il combattimento di due spade è presente nel trattato “Opera Nova”. La lettura dei capitoli scritti dal Maestro d’arme Achille Marozzo inerenti a tale forma di combattimento che prevede le spade essere impugnate in entrambe le mani ci permette di capire che questo modo di duellare non sia estremamente diffuso, tanto da richiedere una certa dose di ambidestria, che questa sia dote naturale o il risultato di un assiduo allenamento.
«Io te componerò un gioco de due spade che sarà una cosa per eccellentia e de una sorte ch’el se ne trova pochi che le sappiano adoperare; ma io non te metterò altro andar a gioco, se non che quando tu serai da uno canto della schola, overo dello steccato, tu brandirai la tua spada dritta e sì te n’andarai inanci saltando dui o tre passi, tanto che tu arriverai apresso del tuo nimico e de lì tu t’assetterai in coda longa & alta con la spada dritta et con la manca tu serai in porta de ferro, con el tuo piè manco inanci ben polito.»
Sebbene nell’immagginario collettivo, anche come risultato di quanto è stato trapelato dalla cinematografia moderna o dalle altre forme di intrattenimento, si possa pensare che il combattimento di due spade impugnate sia una pratica veloce e incalzante, dove ogni lama si muove attaccando indipendentemente dall’altra, in realtà il trattato espone comprensibilmente un modo di combattere più ragionato, dove ciascun’arma agisce in modo alternato una come strumento di offesa e l’altra di difesa.
Rapide contrazioni in un tempo, prese di ferro, azioni a battere l’arma avversaria per crearsi un varco nella difesa altrui, sono tutte azioni che cotraddistinguono l’arte del saper combattere con due spade contemporaneamente.
Tra i vari fatti d’arme che hanno segnato la storia d’Italia, vi è da citare assolutamente un duello che ha visto entrambi i contendenti armarsi di due spade. Quello tra il marchese Ascanio della Corgna e il nobile fiorentino Giovanni Taddei:
Il 26 maggio del 1546 furono oltre tremila gli spettatori del duello che vide Ascanio, appena trentaduenne e orbo dell’occhio destro, perso in combattimento a Casale Monferrato, misurarsi con un suo capitano, tale Giovanni Taddei, che non gradiva essergli sottoposto, e che aveva raccontato in giro che non dal della Corgna, ma dal Colonna avesse ricevuto il comando della compagnia. La scelta del luogo per la sfida cadde su Pitigliano, feudo degli Orsini, tanto che fu proprio il conte Giovanni Francesco Orsini a svolgere le funzioni di maestro di campo. Vennero preparate anche due tribunette per i nobili ospiti provenienti da Roma, Firenze e Perugia. I duellanti, che impugnavano ciascuno una spada e uno stocco vestivano di rosso (Ascanio) e di bianco (Giovanni). Al della Corgna bastarono pochi attacchi per ferire il Taddei; subito dopo, con un deciso ed irresistibile affondo, trapassò il petto dell’avversario, lasciandolo esamine. Niccolò Circignani impresse questo combattimento come finto arazzo su una delle mura del Palazzo della Corgna, sita nell’odierna Città della Pieve.